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Recensioni

  • 6_6_2018 - Credevo nel partito recensito su Linkiesta
    Elisabetta Favale ha recensito il libro di Giulio Seniga Credevo nel partito su Linkiesta.it


    SCHEDA: Credevo nel partito
  • 23_5_2017 - Credevo nel partito recensito su Prospettiva marxista
    Il libro di Giulio Seniga è stato recensito sul sito di Prospettiva marxista

    SCHEDA: Credevo nel partito
  • 24_6_2011 - "Credevo nel partito" sul Corriere della sera

    La ribellione di Giulio Seniga, comunista «radioattivo»
    di Maurizio Caprara
    «Corriere della sera», 24 giugno 2011, p. 46
    Quando gli ideali del comunismo trascinavano in Europa milioni di persone, sono esistite numerose varietà di comunisti. Ce ne sono stati di marxisti-leninisti, operaisti, terzinternazionalisti, internazionalisti senza numerazioni, cattocomunisti, riformisti, estremisti e via elencare. Benché non sia mai stata classificata come tale, è esistita anche una categoria di comunisti radioattivi. Potrebbe essere definita così quella di alcuni che vennero spinti dalla propria fede a entrare in stanze del Partito tanto chiuse quanto essenziali e ne rimasero intimamente lesionati. Questi militanti ne ricavarono una consapevolezza che costò loro, come se fossero stati investiti da radiazioni, distacco dal gruppo di appartenenza, ostracismo dai compagni di prima e una sofferenza interiore affrontata senza mai rinunciare all' idea che questo mondo, ingiusto, vada cambiato. Uno dei radioattivi può essere stato l' ebreo ungherese Arthur Koestler, autore del romanzo Buio a mezzogiorno sui processi staliniani, il quale scrisse che «nel combattere contro i comunisti si è sempre imbarazzati dai propri alleati». Un altro meno celebre, che da giovane fu uomo d' azione estraneo alla cerchia degli intellettuali, è stato Giulio Seniga. È in libreria il suo memoriale postumo Credevo nel partito (Bfs edizioni, pagine 235, Euro 14), curato da Maria Antonietta Serci e dal figlio Martino Seniga. Il titolo denota di per sé l' intreccio tra fede di partenza e delusione. I luoghi preclusi alla base, ai quali ebbero accesso quanti furono, per una parte della vita, comunisti radioattivi, consistevano in sedi, o circostanze, giudicate in origine tappe necessarie sulla via per il radioso Sol dell' avvenir. Chi per aver conosciuto il vero volto dell' Unione Sovietica, chi perché inserito in organismi di ermetica riservatezza, questi militanti entrarono a contatto con gli arcana imperii di una ferrea ragione di partito, scoprendola troppo cinica, e brutale, rispetto agli ideali dai quali erano stati indotti a tanti sacrifici. Dalla vulgata comunista, e purtroppo da certa storiografia, a lungo Seniga è stato considerato un ladro, soltanto il viceresponsabile della commissione di vigilanza fuggito nel 1954 con la cassa del Pci. In realtà, l' ex partigiano morto nel 1999, del quale si era fidato il vicesegretario Pietro Secchia per il lavoro riservato, era un militante, semmai nel 1954 ingenuo, che aveva applicato in modo istintivo un criterio di analisi marxista. Se è la struttura a influenzare la sovrastruttura, a suo avviso era prendendo i soldi del Pci che si sarebbe potuto far leva su Secchia per perseguire la rivoluzione [...]
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    SCHEDA: Credevo nel partito
  • 10_6_2011 - Lancio ANSA su "Credevo nel partito"

    NOTIZIARIO LIBRI, di Paola Barbetti (ANSA) - ROMA, 10 GIU - MARIA ANTONIETTA SERCI-MARTINO SENIGA (a cura): 'GIULIO SENIGA. CREDEVO NEL PARTITO' (BFS EDIZIONI; 14 euro).

    Anni oscuri, avventurosi, straordinari quelli del primo dopoguerra in Italia. Anni pieni ancora di interrogativi, di domande che aprono ferite e che pesano come ipoteche sulla storia dei grandi partiti di massa. Il libro, curato da una archivista del movimento operaio come Maria Antonietta Serci e da Martino Seniga, giornalista di Rai News e figlio di Giulio Seniga, si avvale proprio di due fondamentali requisiti della storia come verità, la ricerca minuziosa e sempre documentata d'archivio e la testimonianza diretta. Si legge d'un fiato, come un giallo, ma anche come la sceneggiatura di un docufilm sulla vita di un uomo testimone e protagonista del proprio tempo. L'uomo è Giulio Seniga, il tempo storico è quello dei primi anni Cinquanta visti dal cuore della direzione del Partito comunista italiano, ai tempi dallo storico scontro fra Togliatti e il vicesegretario Pietro Secchia, all'indomani della Resistenza, dell'attentato al segretario da poco rientrato da Mosca e della storica sconfitta della sinistra. Sono gli anni della stretta osservanza a Mosca da dove giungono anche i finanziamenti a quello che si sta per costituire come il più importante partito comunista in un occidente in piena guerra fredda. Nel Pci ci sono diverse anime, non tutti i contorni sono delineati in modo netto come pretenderebbe la storiografia ufficiale del partito. Non si tratta infatti di una divisione fra un riformismo europeista moderato e moderno rappresentato da Togliatti e da Longo da un lato, contro una corrente velleitaria nostalgica della lotta armata rappresentata da Secchia. La questione è molto più complessa. Pesano nel Partito che ha attraversato vent'anni di clandestinità e di dipendenza da Mosca, le vicende torbide della Spagna e della Francia, di molti militanti della sinistra libertaria assassinati come Berneri e Tresso. Ma non basta, ci sono i nomi di tanti militanti sfuggiti al fascismo per raggiungere la terra promessa del socialismo realizzato accusati poi di trotzkismo e morti di stenti in Siberia o, peggio, una volta rientrati in Italia, consegnati alla polizia fascista. Insomma molti militanti comunisti che hanno veramente creduto nel partito come entità collettiva capace di redimere l'umanità nel "secolo breve", hanno vissuto il grande sogno presto trasformatosi nel grande incubo della storia. Giulio Seniga è in quegli anni un giovane dirigente del partito formatosi, negli anni del fascismo, nel lavoro in fabbrica all'Alfa Romeo, partigiano, protagonista della liberazione. Seniga, come molti comunisti di allora, crede nell'azione diretta come emancipazione del'individuo e della collettività. I tatticismi del togliattismo e soprattutto quello che si va delineando come culto della personalità e come "professionismo della politica", disegnano un partito di massa fortemente centralizzato dove il dibattito è precluso e dal quale si può essere espulsi per omosessualità, come accadrà al giovane Pasolini, o per dissidenza dal comitato centrale. Seniga è il fiduciario di Secchia. Gli vengono affidati compiti delicati come quello della sicurezza dei dirigenti. Sono gli anni delle 'volanti rosse'. Giulio Seniga tiene un diario, atto questo già di disobbedienza alle regole imposte ai dirigenti per ragioni di sicurezza e anche di opportunità politiche in un fase di grandi trasformazioni storiche imminenti. Si pensi alla morte di Stalin nel '53, all'invasione dell'Ungheria, alla successiva destalinizzazione, e alla continua e pervicace secretazione dei documenti storici. Nel diario di Seniga si narra come a un certo punto Secchia sia stato costretto a nascondere negli indumenti intimi un importante documento redatto a Mosca. Si racconta degli incontri a casa di Gianni Brera, dei rocamboleschi viaggi di ritorno dall'Urss. Seniga è sempre più convinto della necessità di spingere Secchia a una virata a sinistra del partito, fino a quando, nel 1954, egli che è stato l'uomo di fiducia della sicurezza dei massimi dirigenti, capace di pilotare un aereo che li avrebbe portati in salvo, lo stesso che guida un'Alfa Romeo da Milano a Mosca dono dei compagni italiani a Stalin, decide di prelevare i fondi di finanziamento provenienti da Mosca, circa 500mila dollari, per finanziare l'organizzazione di un movimento di sinistra, Azione Comunista. Questo episodio rimarrà cruciale e leggendario nella storia del Pci. Seniga verrà accusato di essersi arricchito fuggendo in Costa azzurra con la cassa del partito. In realtà vivrà con l'equivalente della paga di operaio specializzato e condurrà una battaglia davvero riformista e libertaria avvicinandosi al Partito socialista e ai partiti laburisti internazionalisti sostenendo con coraggio anche la sinistra israeliana nei difficili anni sessanta, denunciando sempre la politica di Togliatti e Stalin, e tentando di riaprire la storia secretata del Partito, fino alla sua morte nel 1999.


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  • 26_5_2011 - "Credevo nel partito" su iljournal.it

    Giulio Seniga: in un libro rivive un eroe positivo

    di Mario Pinzauti
    Quanti sono, in Italia, coloro che credono ancora nei valori ideali e ritengono che la politica debba essere lo strumento per far prevalere, nella società, tali valori? Pochi, a giudicare dall'aria che tira. Forse qualche centinaio di migliaia (su sessanta milioni di cittadini!),forse anche meno. Fossero anche meno, anche poche decine di migliaia, in questi giorni le librerie italiane dovrebbero essere prese letteralmente d'assalto da folle di persone ansiose di venire in possesso e di leggere un libro appena uscito: "Io credevo nel partito", di Giulio Seniga. [...]
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